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IL GIORNO CHE AVREI VOLUTO VIVERE

10 dicembre 1198 / Sul tappeto volante con Averroè

di Khaled Fouad Allam

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21 Agosto 2009

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Immediatamente la mia anima fu rivestita di un nuovo corpo: mi trovavo in mezzo al giardino sdraiato su un tappeto di Shiraz: era con me il mio fedele servitore, Yakub. Il tappeto si alzò e uscì dall'eternità per entrare nel tempo dei mondi e rivisitare la Terra. Che cosa era accaduto e che cosa accadrà ora? Gli angeli della porta di smeraldo mi avevano chiesto un nuovo commento. In questo nuovo viaggio il tempo si era dilatato. Mi ritrovavo a rivivere il mio processo a Cordoba e gli incubi che non mi avevano mai abbandonato: i miei libri bruciati sulla piazza pubblica, le denunce che mi piovevano addosso semplicemente perché avevo affermato che ragione e fede non sono antitetiche ma possono essere complementari, l'una sostiene l'altra come la ninfea che si espande sull'acqua del fiume.

I più duri fra i teologi mi minacciavano perché ero consigliere dei principi, ma io ricordai loro una frase di Platone nella Repubblica: «Le cose andranno male in politica finché i filosofi non diverranno re nella città, o finché questi ultimi non divengano seri filosofi». Era una strana epoca quella: i miei commenti facevano tremare di più i religiosi che i potenti. Perciò fui mandato in esilio a Lucena, vicino Granada, per dieci anni.

Ruotando il tappeto di un giro completo raggiunsi un altro spazio-tempo. Stavo quasi cadendo dal tappeto quando una donna velata mi spinse per impedirmi di cadere e mi disse: «Guarda laggiù!». Vidi una cosa atroce. Una folla guardava una donna che sarebbe stata abbattuta a fucilate come un cane, al grido di «Dio è grande! Dio è grande!». Più oltre, vidi folle di ragazzi e ragazze che gridavano «Libertà!»; poi vidi altre terre che ardevano sotto un calore innaturale, e dove si combattevano guerre senza fine.

Questo era il paesaggio della Terra, e confermava ciò che avevo scritto 900 anni prima di allora: «Hanno di fatto precipitato la gente nell'odio, la mutua esecrazione delle guerre, hanno strappato a pezzi la Rivelazione, e hanno diviso tra loro gli uomini». Dinanzi allo spettacolo di quella devastazione, cercai di parlare con alcuni dei sovrani di quel tempo per mostrar loro che la fede non può essere un campo di battaglia: la fede è altro, è come il profumo di una rosa, rende la vita più bella e sopportabile. Ma non vollero ascoltarmi.

In un istante ero tornato alla porta di smeraldo, e lì accorsero i miei amici a chiedermi che cosa avessi visto e udito sulla terra del futuro. «La terra sta molto male», dissi. Raffaello vide il mio volto intristito: «Ascolta, Averroè. Vedrai, la bellezza salverà la Terra. Leonardo inventerà una macchina per salvarla. E io dipingerò ancora la bellezza». Sì, ma voi non sapete, dissi. Gli esseri umani, laggiù, bruciando tutto, hanno distrutto anche le idee. Non sanno più nemmeno che cosa significhi amare il prossimo, guardare un campo di fiori.

Hannah Arendt mi si avvicinò e mi disse: è per mostrare questo che ho scritto a proposito della banalità del male. Hai scritto bene, le dissi, so che anche la tua comunità ha vissuto un'immensa tragedia. Ma il problema è che lì non c'è più nemmeno il problema dell'esistenza del male, c'è il regno di una violenza ovunque diffusa: perché il male ci obbliga ad andare verso il bene per superarlo. Hai ragione, rispose lei, il mondo ha bisogno di nuove idee. Perciò gli esseri umani devono riconciliarsi con se stessi, la loro anima con il loro corpo, e l'eternità con il mondo.

Io, Yakub al Mansur, capii in quel giorno del 1198 che l'eternità e la ragione sono le due luci che illuminano il sentiero dell'umanità. Se manca una delle due, essa rischia di sprofondare nell'oscurità più buia.

* Khaled Fouad Allam, sociologo, è stato deputato della Margherita dal 2006 al 2008

UN PONTE TRA PENSIERO ARABO E CULTURA GRECA

Il pensiero islamico
La religione musulmana, che si è manifestata per la prima volta alla Mecca nel VII secolo e che ha in Maometto il suo profeta inviato da Allah, entra in contatto con la filosofia greca nel IX secolo. I principali filosofi del mondo islamico furono: Averroè (si veda la scheda accanto), Avicenna e al-Ghazali. Avicenna (980-1037, nella miniatura a destra) è stato filosofo e scienziato: ebbe il merito, con la sua teoria sull'anima, di riavvicinare Aristotele a Platone. Al-Ghazali (1058-1111), con i suoi 70 libri, segnò una svolta nella epistemologia islamica e abbracciò una forma di "occasionalismo teologico".

Vita e opere
Averroè (a destra, l'affresco di Santa Maria Novella a Firenze), nato a Cordova nel 1126, fu filosofo, medico e astronomo. Fu importante per le traduzioni e i commenti delle opere di Aristotele, dimenticato in Occidente: perciò fu definito Commentator. Sosteneva che si può raggiungere la verità attraverso la religione rivelata e attraverso la filosofia speculativa. Fu esiliato durante l'ondata di fanatismo che attraversò la Spagna alla fine del XII secolo; molte sue opere di logica e metafisica furono distrutte dalla censura. La morte di Averroè è simbolo della fine della cultura liberale nella Spagna islamica.

  CONTINUA ...»

21 Agosto 2009
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